//Castel Volturno: terreno pericolosissimo per abitanti e agricoltori, ma fertile per la Mala Nera

Castel Volturno: terreno pericolosissimo per abitanti e agricoltori, ma fertile per la Mala Nera

di Felix M. Molterer

È ormai noto che le mafie italiane hanno iniziato da tempo ad espandersi all’estero, il che porta spesso a collaborazioni fra le autorità antimafia italiane e internazionali. Nonostante ciò, l’arrivo degli agenti del FBI in Campania all’inizio del 2019 ha attirato parecchia attenzione, soprattutto per il fatto che l’obiettivo era di investigare sia sullo sfruttamento di donne come schiave sessuali che sul traffico di organi da parte della Mala Nera. Con questo termine si intende la mafia nigeriana, che sembra abbia trovato domicilio tra l’altro a Castel Volturno, in provincia di Caserta. In questo articolo vogliamo analizzare la presenza della Mala Nera in Italia, le sue attività e i fattori che continuano a favorire la sua crescita.

Castel Volturno oggi

Come una volta Corleone fu noto come il centro delle attività di Cosa Nostra, così anche la mafia nigeriana ha trovato qualcosa di simile: Castel Volturno in provincia di Caserta, nota finora per innumerevoli discariche abusive, un terreno fortemente inquinato e un’elevatissima presenza di immigrati africani, il cui numero stimato varia fra i 15 mila e i 35 mila, e questo già da molti anni. I numeri sono senza conferma ufficiale, visto che pure il sindaco ha dichiarato incensurabile la comunità africana, essendo composta quasi esclusivamente da illegali senza permesso di soggiorno. Castel Volturno stesso ha circa 25 mila abitanti registrati, il che è già sufficiente per indicare certe tensioni, anche se in città si parla comunque di una spartizione del territorio: in centro si vedono soprattutto italiani, mentre le periferie sono dominate dagli africani, senza troppe tensioni.

Una delle poche volte in cui questa comunità parallela si è fatta sentire era nel settembre del 2008 dopo la cosiddetta strage di Castel Volturno, definita tale perché durante un agguato da parte del clan camorristico dei Casalesi morivano sei innocenti immigrati africani, senza alcun legame con la criminalità ma semplicemente nel posto sbagliato. In seguito a questo evento, centinaia di persone scesero in piazza, formando un corteo di protesta. La conseguenza fu un potenziamento delle forze dell’ordine e l’invio di investigatori speciali per porre fine alla serie di agguati commessi dai Casalesi.

I Casalesi divennero il clan dominante nella provincia di Caserta dagli anni settanta in poi, espandendo le proprie attività considerevolmente tramite il traffico di droga e eroina, guadagnando anche una posizione importante nel sud delle regione Lazio verso la fine degli anni ottanta. Dopo una prima grave crisi all’inizio degli anni novanta, accompagnata dalle uccisioni dei boss principali, avvenne l’ascesa di boss conosciuti come lunghi latitanti, tra cui Francesco Schiavone detto Sandokan, Michele Zagaria, Antonio Iovine e Francesco Bidognetti. Vennero tutti condannati all’ergastolo nel processo Spartacus, la cui sentenza in appello causò nel 2008 la serie di agguati che comportò tra l’altro la rivolta degli africani a Castel Volturno. Zagaria e Iovine furono ancora latitanti per qualche anno, ma furono arrestati nel 2010 e nel 2011, rispettivamente.

Per ora il clan è abbastanza dimezzato e indebolito per una serie di arresti, e il panorama criminale di Castel Volturno è cambiato, ma purtroppo, come si potrebbe dire, di male in peggio, spostando gli equilibri verso una posizione dominante della mala nera. Gli accordi con essa furono stabiliti già negli anni novanta, quando il capozona Francesco Bidognetti iniziò ad appaltare affari come lo spaccio agli africani per concentrarsi sul business dei rifiuti. Contrariamente alle tensioni di undici anni fa, si presume addirittura che ci sia una sorte di accordo fra la mala nera e lo storico clan mafioso dei Casalesi.

Tanti articoli e video documentari dimostrano quanto sia fuori controllo la situazione nella città: degrado, decine di palazzi disabitati o abitati in modo abusivo, un terreno fertile per lo sviluppo di questa organizzazione criminale. Le periferie sono un territorio costellato di case abitate in modo abusivo, come ad esempio il villaggio Coppola, originariamente ideato e costruito vicino alla pineta di Castel Volturno come centro turistico balneare polivalente, poi finito nel degrado negli anni ottanta, quando il villaggio fu requisito dal governo per ospitare gli sfollati del terremoto di Irpinia e finì nel degrado negli anni successivi. C’è anche il cosiddetto Parco Saraceno, un quartiere situato vicino al mare e abitato interamente da abusivi. Mentre viene continuamente fornito di elettricità e acqua, le strade sono piene di rifiuti. Il piano di abbattimento non è ancora stato messo in atto per proteste, anche se si parla di un bonus mensile per incentivare lo sgombero e che gli abitanti potranno utilizzare per fittare delle nuove case altrove.

La Mala Nera abita in palazzi del genere e li usa contemporaneamente per le sue attività: raffinamento di droga arrivata in Italia spesso tramite “corrieri” che ingoiano ovuli pieni di droga che poi espellono appena arrivati, o anche prostituzione illegale, che in parte prende la forma di bordelli abusivi – essi spesso solo per uomini di origine africana. Controlla inoltre i passeggi delle prostitute, che vanno a battere lungo i marciapiedi. Non sono altro che schiave sessuali che arrivano in Europa con la promessa di trovare lavoro e poi si vedono minacciate e costrette a ripagare il debito dovuto dal viaggio tramite la prostituzione.

Anche se si poteva aspettare, questa disperata situazione sociale ha avuto effetti seri sull’ambiente e sulla situazione sanitaria. In un’intervista del 2018, il sindaco della città spiega la bomba sanitaria che secondo lui sta per scoppiare nelle periferie: si registrano molti casi di tubercolosi, malaria e aids, e una risposta non c’è. Più che altro le comunità sono anche separate riguardo alla provvisione di servizi medici, e fra gli africani la situazione è lamentabile. A questo si aggiunge la pessima situazione ambientale, provocata dalle attività dei clan della camorra, che secondo l’Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires) della Campania hanno sversato nei 30 chilometri del litorale domizio centinaia di migliaia tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, rifiuti speciali non pericolosi e immondizia solida urbana”, con un numero stimato di oltre 5 mila discariche illegali. Sorprende, quindi, poco che ci si registrino eccessi di mortalità per tumori al polmone, fegato e stomaco.

Una situazione preoccupante, considerando inoltre che nei pressi di Castel Volturno ci sono vari campi coltivati e aziende bufaline.

Storia della Mala nera e l’adattamento modello mafioso italiano

Questa organizzazione criminale che si osserva a Castel Volturno non si è formata nel territorio casertano, ma in Nigeria, e contrario a quanto si potrebbe pensare, non si è creata in zone degradate come la periferia della città campana. Questa costituisce soltanto le circostanze giuste per favorirne la crescita, mentre le radici della mala si trovano addirittura nei campus universitari di grandi città africane come Lagos e Benin City. Fra gli anni settanta e ottanta, la mala nera nasce all’interno delle università, prendendo la forma di confraternite che controllano l’ambiente accademico tramite intimidazioni e violenza. Come succede in modo simile anche a certe università dei paesi sviluppati, le confraternite sono caratterizzate da durissimi riti di iniziazione, che spesso prevedono riti voodoo, pestaggi, rasoiate e infine un giuramento di fedeltà. Dall’ambiente universitario il raggio delle operazioni di certe confraternite si è esteso prima al territorio adiacente e poi ad altri paesi, tra cui non solo l’Italia. Non solo i riti d’iniziazione ricordano in parte le mafie italiane, ma anche la struttura è molto spesso simile, con clan composti da boss, capi ecc. In Nigeria, la mala nera si comporta come un’associazione benefica, costituendo un sistema di welfare criminale e molto spesso entrando anche in affari con la politica.

In Italia si trovano tre confraternite prevalenti, la Supreme Eye Confraternity, la più radicata chiamata Aye (African Youth Empowerment) e la Black Axe Confraternity, con quest’ultima che prevale al sud. La mafia nigeriana è classificata come la quinta più grande in Italia dopo le quattro autoctone radicate in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Qui l’attività si è spesso sviluppata tramite accordi con le organizzazioni italiane e affari condotti per conto di esse, spesso spacciando droga. Ma la mala nera ha anche dei propri rami d’attività in cui le mafie italiane sono meno attive, e questi sono principalmente la prostituzione e il traffico di esseri umani. 

L’indagine del FBI

Sono queste attività rispettivamente i soldi illeciti presumibilmente derivati da esse, che hanno attirato l’interesse del FBI americano e fatto sbarcare degli agenti in Campania nei primi giorni del 2019. La mafia nigeriana costituisce un problema serio anche negli Stati Uniti, e per capirne le dinamiche e attività, il FBI si è messo in contatto con la magistratura italiana per analizzare meglio i flussi anormali di denaro.

Oggetto principale delle investigazioni era di far luce sulla prostituzione illegale, le cui dinamiche sono abbastanza chiare rispetto ad altre attività di cui la mala nera è sospettata: molte donne giovani vengono portate in Italia come molti altri immigrati da scafisti, con la promessa di un futuro in Europa. Una volta sopravvissute al viaggio pericoloso e sbarcate in Italia, le viene immediatamente presentato il conto: un debito immenso da saldare, aggirandosi a somme fra 15 e 20 mila euro, certamente non senza trucchi ai calcoli, perché non c’è l’intenzione di lasciar andare le donne. Le più belle vengono mandate nei bordelli del Nord Europa, mentre le altre restano nella zona intorno a Castel Volturno.

Le attività su cui si hanno meno informazioni, ma che allo stesso tempo sono ancor più preoccupanti, sono il presunto traffico di organi e di esseri umani. Si parla di bambini venduti all’estero e di cliniche illecite nel casertano in cui si conducono sia espianti di organi come reni poi venduti in cambio di soldi, ma anche di espianti completi da vittime che vengono rapite ed uccise per questo scopo.

Accuse preoccupanti, e purtroppo le investigazioni finora non hanno ancora assestato un colpo contro l’organizzazione.

Conclusioni

Dunque, come si può risolvere la situazione? Rispettivamente, è ancora possibile invertire lo sviluppo negativo del territorio intorno a Castel Volturno, che è andato avanti in modo incontrollato per anni senza un intervento, o è meglio accettare la situazione com’è?

Sembra difficile, anche se il traffico di esseri umani provenienti dall’Africa si potrebbe probabilmente ridurre. Finché non ci sono rivelazioni e solo supposizioni, le autorità si dovranno comunque limitare a misure contro gli scafisti e contro l’immigrazione illegale, che era ultimamente in calo anche grazie alle politiche ristrettive riguardo all’immigrazione. Nel territorio casertano, invece, la situazione appare più difficile, considerando più che altro la netta separazione fra la comunità italiana e quella africana a Castel Volturno. I magistrati dovranno occuparsi di ridurre la criminalità in modo persistente, mentre sul territorio anche le autorità devono continuare a fare i conti con aree piene di rifiuti, in parte già scoperte e in parte ancora nascoste, un forte inquinamento del mare lungo il litorale e un aumento nelle malattie riconducibili all’inquinamento dell’ambiente. Un primo step per ridimensionare la mafia nigeriana potrebbe essere un intervento nelle case abbandonate nelle periferie, dove l’organizzazione si era sviluppata in modo incontrollato. Visto che le casse della città sono vuote, due anni fa il governo ha iniziato una procedura, nominando un commissario straordinario per la riqualificazione di Castel Volturno. Le mosse sono lente finora, ma qualcosa si muove.