Nella storia, sono stati molteplici i motivi per cui alti politici sono stati costretti alle dimissioni. Si è visto quasi di tutto, dalla corruzione a diversi scandali privati. Non capita spesso però che le dimissioni siano dovute al fatto di non aver vietato una cerimonia funebre. Così è successo ad Ignazio Marino, dimessosi dall’ufficio di sindaco di Roma nel 2015 per questo fatto, insieme allo scandalo per il cosiddetto caso scontrini. Il clamoroso caso del funerale ha creato polemiche sia per il suo carattere esagerato che principalmente per la persona che è stata portata all’ultima dimora: Vittorio Casamonica, capo dell’omonimo clan di etnia sinti della periferia sud-est della capitale che secondo alcune stime avrebbe intorno ai mille affiliati.
Forse l’errore principale di Ignazio Marino è stato quello di chiudere gli occhi davanti a qualcosa che ufficialmente non è ancora riconosciuto come mafia, benché lo sia di fatto. Di conseguenza si è ritrovato ad assistere, mentre era in vacanza nelle Caraibi, le immagini della carrozza nera trainata dai cavalli insieme al lunghissimo corteo funebre diretto alla chiesa San Giovanni Bosco, accompagnati dalla musica dell’iconico film Il Padrino. Pure un elicottero fu impiegato per lanciare petali, un’azione che costò il pilota la licenza per aver volato ad un’altezza troppo bassa secondo le norme di legge. Ha svolto il suo lavoro comunque indisturbato, la polizia se ne è interessata solo dopo le prime polemiche.
In città come Napoli o Palermo, dove vi è una riconosciuta presenza della mafia, funerali pubblici di questo stile sono vietati da decenni, precisamente dal funerale di Lucky Luciano a Napoli negli anni sessanta.
Un’organizzazione cresciuta grazie alla negligenza dei responsabili
I funerali crearono tantissima attenzione da parte della stampa internazionale che, al contrario di altri, che forse avrebbero dovuto esserne meglio consapevoli non hanno avuto problemi a giudicare il clan Casamonica un’organizzazione mafiosa. Infatti l’avversione a riconoscere la presenza di diverse mafie a Roma da parte dei politici e abitanti, è spesso stata criticata, a ciò si aggiunge il fatto che fino a poco fa anche per vie giudiziarie non si era mai giunti ad un risultato definitivo. Nel 2019, per la prima volta nella storia, il clan Fasciani di Ostia è stato giudicato mafioso nell’ultima istanza processuale dalla Cassazione, mentre solo pochi giorni prima non era stato riconosciuta l’aggravante mafiosa nell’ultimo atto del famoso processo a Mafia Capitale.
Nonostante Roma abbia una lunga storia di associazioni a delinquere nel suo territorio, molti vi vedono un’avversione ad usare il termine apposito per ciò che è mafia, perché significherebbe un’assunzione di responsabilità sul tema. Invece sembra più facile ignorare i Casamonica che dominano principalmente la periferia sud-est della capitale, in quartieri quali la Romanina o Capannelle. Nello Trocchia, autore di uno dei pochi libri che esamina in dettaglio il potere del clan Casamonica e i suoi alleati in Italia, afferma infatti che vi sia una sottovalutazione dovuta ai numerosi fattori che i Casamonica, in contrasto alle mafie tradizionali, non sembrano soddisfare. Le mafie tradizionali hanno membri di provenienza quasi puramente italiana, parlano l’italiano o al massimo uno dei suoi dialetti, sono attive in quasi ogni settore dell’economia illecita e, più che altro, sono pericolose, non esitando ad usare armi e commettere omicidi per raggiungere i loro fini. I Casamonica invece vengono ridotti a fenomeni da “baraccopoli”, nonostante in confronto a molti altri rom e sinti vivano in delle ville lussuose. Inoltre non sono di etnia italiana, malgrado tutti gli esponenti attuali siano nati nel territorio e ne abbiano anche la cittadinanza. Fra di loro parlano in lingua sinti, che ha parecchie variazioni all’interno di se stessa ed è conosciuta praticamente solo a gente della stessa etnia. Oltre a questo, nel resto della vita appaiono comunque come cittadini romani, parlando benissimo il romanesco. Più conosciuti per l’usura, i Casamonica hanno come attività anche lo spaccio di droga e l’estorsione. Nei confronti di debitori o opponenti criminali praticano una violenza che può apparire primitiva e contribuisce alla riduzione della awareness della loro pericolosità: meno armi a fuoco e più violenza fisica, come la famosa testata di Roberto Spada dell’omonimo clan di Ostia ad un giornalista della RAI nel 2017. Infine, potrebbe essere che nonostante l’attenzione creata dalla cerimonia funebre, sarà proprio questa che porterà ad interpretazioni sbagliate in seguito: perché infatti la mafia si mostra raramente in quel modo. Mentre le mafie tradizionali stanno diventando mafie “a colletto bianco” che si introducono nell’economia legale e operano in silenzio, il carattere folcloristico del funerale del capoclan dei Casamonica potrebbe rinforzare l’impressione che si tratti piuttosto una famiglia di criminali abbastanza banali, ma mai così pericolosa come le mafie tradizionali.
Tutto questo contribuisce ad una ridotta percezione del fenomeno che invece andrebbe interpretato in modo ancora più serio: infatti proprio queste caratteristiche, insieme all’astinenza da conflitti violenti con altri clan della città, per cui invece spesso hanno effettuato anche del lavoro sporco per diventare eventualmente i loro partner, hanno reso i Casamonica una delle famiglie criminali più forti, persistenti e radicate di Roma.
Origini storiche e l’ascesa al potere
Uno dei fattori che favorisce la capacità di controllare il territorio è il fatto che i Casamonica furono fra i primi ad insediarsi nelle zone della periferia sud-est di Roma: negli anni cinquanta, periodo in cui ebbe inizio l’espansione edilizia della capitale verso questa zona, i Casamonica iniziarono a costruire sui terreni comunali di questa zona, all’epoca poco popolata. Il periodo in cui arrivarono a Roma non è accertato definitivamente: alcune fonti parlano di una deportazione durante il fascismo, altre affermano che l’arrivo sia stato più tardi, solo negli anni 70. Erano partiti dal Molise e dall’Abruzzo, dove ancora ora si trovano delle famiglie alleate. Prendendosi i territori senza essere disturbati, i Casamonica sono stati in grado di partecipare alla trasformazione della periferia e ad insediarsi nel territorio.
La prima volta che un grande pubblico si è accorto dell’importanza e delle dimensioni del clan Casamonica è stata solo nel 2015, quando è morto il boss che ha disegnato l’attuale struttura del clan: Vittorio Casamonica. Nato nel 1950 in Molise, arriva a Roma con i genitori Guerino Casamonica e Virginia Spada, che si insediano nella Romanina. Dall’iniziale commercio di cavalli passano presto all’attività di costruzione sui terreni di proprietà del comune, che nei decenni successivi saranno legalizzati tramite condoni e piccoli pagamenti. È però loro figlio Vittorio che, ancora giovanissimo, mette le fondamenta per l’ascesa al potere. Una caratteristica particolare del modo in cui si è sviluppata l’organizzazione criminale è che non ha mai preteso di comandare, ma a differenza da chi dominava “il mondo di sotto” della capitale, si è accontentata di una posizione inferiore, cercando di stringerci legami offrendosi per effettuare il lavoro sporco di altri, con l’obiettivo di diventarne partner. Verso la fine degli anni settanta inizia l’epoca della banda della Magliana, conosciuta grazie al libro di Giancarlo De Cataldo, il film e la successiva serie TV, tutti e tre portando il nome Romanzo Criminale. Vittorio Casamonica realizzò che non era il momento di espandersi vista la forte concorrenza che faceva perno prima sul leader indiscusso, Franco Giuseppucci, e dopo la sua uccisione su Enrico de Pedis e Maurizio Abbatino, di cui il primo ucciso nel 1990 e l’ultimo diventato il pentito principale. Piuttosto il clan preferì limitarsi alla sua zona e mantenere un rapporto amichevole con la banda. Dopo il declino della banda, rimangono attivi però alcuni personaggi, che non erano al centro della banda, ma comunque cruciali per il suo funzionamento. A loro non vengono inflitte sentenze penali o solo minime, che le consente di continuare le attività, solo dovendosi relazionare con gente diversa. Un personaggio importantissimo diventa Enrico Nicoletti, nella serie anche conosciuto come Il Secco, il cassiere della banda e fra i più importanti usurai di Roma, anche grazie al suo rappporto con Vittorio Casamonica. Sono le conoscenze di quest’ultimo che mettono in dubbio la percezione del clan come “fenomeni da baraccopoli”. Invece, il clan della Romanina mantiene ottimi rapporti nella capitale: infatti, Vittorio Casamonica era noto per frequentare regolarmente dei locali illustri di Via Veneto, dove si incontra la Roma “bene”. Negli anni novanta i Casamonica diventarono quindi partner affidabili per il recupero credito da parte di debitori. In seguito, l’usura stessa è diventata un’attività principale per il clan, ormai molto esperto nei “metodi” di recupero. Infatti vengono prestate somme di denaro a debitori che dagli intermediari ufficiali non ne ottengono più, chiedendo tassi d’interesse che arrivano fino al 20% al mese. Una volta che i debitori non riescono più ad onorare gli interessi e/o ripagare la somma prestata, gli uomini del clan usano la forza dell’intimidazione e della violenza per appropriarsi dei beni residui di cui dispongono i debitori, tra cui spesso macchine o appartamenti.
Viaggio nel mondo dei Casamonica
Le attività del clan si sono sia ampliate che diversificate negli ultimi anni, portando una ricchezza considerevole ai numerosissimi membri del clan Casamonica. In confronto ad altre organizzazioni criminali non esitano a mostrare la ricchezza ottenuta, anzi, ogni tanto sembra che quasi lo facciano di proposito. È nota la passione di Vittorio Casamonica per le automobili di lusso, che condivide con altri esponenti della sua famiglia. La passione più nota che unisce tutta la famiglia e che solitamente spicca di più nei video della polizia girati durante le perquisizioni, è quella per i mobili e gli arredi prestigiosi. Si notano vari pezzi dorati come vasche e rubinetti, soffitti affrescati come anche giaguari e leoni in ceramica. Tutto all’interno delle ville abusive costruite nel territorio della Romanina, violando vari regolamenti edilizi, fino ad includere pezzi storici dell’Acquedotto Felice. Forse questa arroganza nei confronti di chi governa la città e di chi lotta contro la criminalità era diventata troppa nel 2018, quando si decise di avviare il simbolico abbattimento da parte del comune di Roma di alcune ville confiscate.
Non era la prima grande operazione contro il clan; infatti già tra il 2003 e il 2005 il clan venne scosso dalle misure patrimoniali e personali messe in atto in seguito alle operazioni Gypsy ed Esmeralda. Solo che ciò avvenne con molto meno interesse da parte dei media. Queste operazioni furono particolarmente interessanti perché tutti gli appartenenti al clan, incluso il capo Vittorio Casamonica, erano considerati nullatenenti da parte del fisco. Nullatenenti che abitano in delle ville di lusso e girano con macchine di grossa cilindrata, tutto acquistato grazie alle attività illecite.
Quella che costituisce la più diretta somiglianza dei Casamonica alle mafie tradizionali è il modo in cui si conducono le attività del clan: per persistere a lungo, serve il totale controllo del territorio. E infatti nella zona sud-est della capitale ci sono delle strade o complessi residenziali che è meglio evitare: passarci con la macchina potrebbe comportare che ad uno venga comunicato il divieto d’accesso o chiesto un pedaggio, mentre a piedi invece si potrebbe venir fermati e mandati indietro da un affiliato del clan. E anche chi già conduce attività nella zona non ha scelta: gli affiliati dei Casamonica mangiano e fanno la spesa gratis. Gli “uffici” da dove opera il clan all’interno della zona sono numerosi; questa numerosità è dovuta non per ultimo al controllo delle case popolari. Secondo Nello Trocchia, il 13,5% degli alloggi amministrati dall’Ater, l’ente della regione responsabile per gli alloggi popolari, è occupato in modo abusivo, costituendo quindi terreno fertile per la criminalità organizzata che vi installa ad esempio posti di spaccio. Questi sono solo i numeri ufficiali, a cui si aggiungono altre case ufficialmente affittate a persone prestanome o vittime dei Casamonica che, come capita a molti debitori, sono stati costretti a cedere la propria abitazione temporaneamente al clan.
Un secondo tratto in comune è l’omertà: infatti, il clan storicamente non ha avuto collaboratori di giustizia. Si è parte della famiglia a vita. Oltre al muro del silenzio, vi è anche un altro fatto che rende la vita degli investigatori chiaramente più difficile: le telefonate possono essere intercettate, il problema è solo che si svolgono in lingua sinti, influenzata inoltre dai dialetti del centro Italia. Servono quindi per forza degli interpreti, ma dei pochi che sono in grado di svolgere questo ruolo ancora meno sono disponibili, spesso vittime di minacce da parte del clan oltre ad essere sottopagati e poco tutelati.
Uno potrebbe chiedersi quindi: certo che è difficile avvicinarsi ai capi, ma se ci concentrassimo invece su quelli che svolgono le attività, che spacciano, minacciano e estorcono di giorno in giorno? Qui sorge un altro problema: spesso non sono neanche membri del clan stesso, ma un esercito di sudditi, spesso tossicodipendenti diventati spacciatori del clan. Sembra assurdo che pure questi spacciatori diventino usurati dai Casamonica: solo che il loro debito non è il prestito finanziario, ma si crea quando man mano vengono aumentati i carichi da spacciare e quindi il costo da anticipare al clan: se non si hanno quei soldi, si diventa usurati e a disposizione del clan.
Un albero genealogico basato su legami criminali
E anche se si riuscisse a tagliare le teste principali della famiglia come tentacoli ad una medusa, ne ricrescerebbero il doppio. Nonostante i ruoli importanti di alcune persone, il clan dispone di moltissimi familiari capaci di prendere il posto dei capi. L’albero genealogico dei Casamonica mostra quasi 900 nomi. Vi sono inoltre legami di parentela con altri clan, anche al di fuori del Grande Raccordo Anulare: ad Ostia si trovano i potentissimi Spada, nella provincia adiacente, Latina, i Di Silvio. E anche nei luoghi da dove i Casamonica sono partiti per conquistare Roma, sono rimaste delle radici: solo quest’anno il clan Spinelli di Pescara ha attirato l’attenzione con un funerale che sembrava una copia più piccola di quello di Vittorio Casamonica nel 2015.
Per il momento, dunque , non sembrano esserci delle indicazioni che segnalano una possibile riduzione del potere del clan, ma piuttosto un’espansione grazie all’indebolimento dei concorrenti principali nel mondo della criminalità della capitale, recentemente condannati a pene pesanti o ancora in attesa delle sentenze, come gli esponenti di Mafia Capitale e i clan di Ostia. Un primo step utile sarebbe probabilmente una maggiore attenzione da parte del pubblico e della stampa, che non esitino a definire i Casamonica un’organizzazione a stampo mafioso. Il clan è cresciuto e ha avuto successo nascondendosi sempre nell’ombra: adesso tocca a noi fare luce nel buio.