In memoria di Nino Gennaro (Corleone, 1948 – Palermo, 1995)
Nato a Corleone nel 1948, Nino Gennaro, attivista, poeta, drammaturgo, è una delle figure più interessanti del panorama culturale siciliano del secolo scorso. Attraverso la sua attività poetica, teatrale e politica ha reso la sua vita una battaglia sociale per l’affermazione della libertà a essere se stessi, in equilibrio tra la voglia di emergere-divergere e il legame doloroso e personale con le proprie radici.
Nino si muove nel contesto del tardo impero mafioso1 dominato da pregiudizi, violenza, stereotipi e patriarcato. Sono anni complessi, divampano paura e morte, i crimini di mafia sono quotidiani e macchiano di sangue le speranze e i sogni giovanili. In questo contesto germoglia irriverente una fame di rinascita, la quale si manifesta in uno slancio creativo che pervade tutte le espressioni artistiche.
Anche Nino ne resta travolto, tanto da dedicare la sua vita all’impegno sociale e al teatro, i quali, mescolandosi nel complesso territorio umano e urbanistico siciliano, danno corpo alla sua opera e alla sua ricerca.
In particolare, nei primi anni ’70 Gennaro fondò a Corleone un circolo ARCI e successivamente la FGSI, un luogo di ritrovo per giovani siciliani di ogni provenienza coinvolti in uno scambio continuo di idee, libri, giornali, articoli e quindi in un più ampio processo di emancipazione e formazione. Su un argomento x, per esempio, Nino ci faceva vedere, raffrontando vari quotidiani, che non esisteva un solo modo di pensare ma tanti, che nessuno aveva, che nessuno dovesse ritenere di avere il monopolio del pensiero2.
Il circolo diventò presto un dispositivo politico. Le ragazze, infatti, frequentavano lo spazio in segreto dalle proprie famiglie, in una Sicilia che ancora non permetteva a uomini e donne di incontrarsi negli stessi luoghi, in modo libero.
Lo scambio di materiali e informazioni incentivava i giovani ad interessarsi agli argomenti più disparati, stimolava letture non scolastiche e, soprattutto, emancipava il pensiero, creando flussi di energia creativa.
In questi anni, per la prima volta, il gruppo organizza a Corleone una manifestazione per l’8 marzo con manifesti e articoli di denuncia scritti dalle donne del gruppo che confluirono nel giornale ciclostilato: L’alternativa. Nello specifico, gli articoli trattavano di proibizionismo, sessismo e della dolorosa condizione delle donne Corleonesi alla ricerca della propria libertà.
In seguito, nel 1980 Nino Gennaro fondò a Palermo Teatro Madre, un gruppo teatrale di attori-autori-interpreti. I testi venivano ripresi da artisti come Artaud, Mishima, De Ghelderode, Klossowski, mentre molti altri erano scritti dallo stesso Gennaro. I canovacci erano testimonianze delle vite degli attori e di tutta una generazione di giovani in conflitto con i padri-padroni che li avevano preceduti. Un amico corleonese un giorno presente ad una di queste rappresentazioni, ci disse che, a non conoscerci, tutto gli sarebbe sembrato bello e carico di emozioni, ma che, conoscendo noi e le nostre storie, tutto gli sembrava invece terribilmente tragico. Tutto bello, se non fosse stato anche tutto vero3.
Ad ogni modo, il teatro di Gennaro era clandestino perché scucito dai sistemi di potere istituzionali, fatto dagli ultimi e alimentato dalla vita reale che procedeva al di fuori più tragica e incredibile di qualsiasi rappresentazione. Le sue opere venivano interpretate da studenti, operai, disoccupati e intellettuali del rifiuto, accomunati dalla fame di trovare un proprio spazio nel contesto inospitale in cui stavano crescendo tra Corleone e Palermo. Le rappresentazioni avvenivano in case private, con elementi poveri, luci soffuse, tanta verità e voglia di condivisione. Inoltre, si lavorava sul concetto di accoglienza in tutte le sue espressioni. Non a caso, gli spettatori erano chiamati a completare l’opera, sporcando i testi con le proprie aggiunte, e, così facendo, portando in scena la propria verità. Il palcoscenico era illuminato da torce e pile e le colonne sonore, sebbene prodotte da un registratore malconcio, intonavano un repertorio variegato che muoveva dai Doorspassando per i Sex Pistols fino a Mario Merola. In una sola espressione, dunque: il teatro Madre era un teatro di resistenza.
Peraltro, nel 1986 Nino è tra i fondatori del Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione a Palermo e collabora attivamente alla redazione di Città Nuove, il primo giornale antimafia di Corleone. Nel frattempo, l’AIDS si impossessa del suo corpo, ma questo non ferma la sua attività poetica, la quale ne risulta piuttosto arricchita dal momento che i sentimenti della sua lotta per la sopravvivenza si incorporano a nuove tendenze che accompagnano il mutamento del suo corpo.
Da ultimo, pertanto, la figura di Nino Gennaro dimostra come attraverso il lavoro sulle coscienze e l’emancipazione del pensiero sia possibile contribuire attivamente al cambiamento. Il suo schieramento a favore delle minoranze, evidenziato dalle sue azioni politiche e sociali, costituisce una delle più importanti testimonianze del movimento antimafia Siciliano di quegli anni.
Di Maria Sole Finelli
NOTE
1 La Sicilia degli anni ’70.
2 Maria Di Carlo, Teatro Madre.
3 ibid.