//La colonna sonora della criminalità organizzata

La colonna sonora della criminalità organizzata

Nel forte legame tra arte e criminalità organizzata, la musica è una chiave importante. Alcuni generi, come il rap o la musica neomelodica, sono da sempre più vicini al mondo criminale, spesso esaltandone pericolosamente le “virtù” ed i personaggi.

di Vincenzo Carraturo

L’arte racconta il crimine

La criminalità organizzata ed il suo insieme di storie ed immagini rappresentano per il mondo dell’arte, nella sua definizione più ampia possibile, dalla musica al cinema alla letteratura, un contenitore dal quale attingere per raccontare e trasmettere aspetti che spesso vengono trascurati, non approfonditi o del tutto ignorati dalla narrazione quotidiana di giornali e TV. E questo non per una espressa volontà di nascondere la vera faccia della criminalità organizzata (anzi), ma a causa degli strumenti e dei canali attraverso i quali questi vengono veicolati: alcuni mezzi risultano semplicemente migliori di altri. In questo senso l’arte è anche un modo per trasmettere determinate informazioni a chi, diversamente, non le ricercherebbe, e descrivere mondi che sarebbero altrimenti nascosti, utilizzando diverse cifre stilistiche.


Il pendolo della narrazione, tra condanna e ammirazione

Un fattore fondamentale è infatti come queste storie vengono raccontate: se è evidente che esiste una narrazione di condanna della criminalità organizzata (pensiamo nel cinema a I cento passi, nella musica a Una canzone contro la mafia di Jovanotti, ma la lista è infinita), altre narrazioni si pongono, più o meno volontariamente, in una zona d’ombra: è il caso della tanto criticata Gomorra – La serie tratta dai libri di Roberto Saviano, o dei colossal americani Il padrino o Scarface, o della musica hip-hop in generale,i cui autori da un lato, attraverso interviste e dichiarazioni, condannano fermamente il mondo della criminalità, ma dall’altro, dietro la telecamera, sfruttano il suo forte immaginario per attrarre a sé pubblico. Se la discussione in questa zona d’ombra è difficile da concludere, poiché sempre influenzata da percezioni personali ed in particolare dal contesto nel quale si vive, è sicuramente più semplice condannare chi, a volte fieramente, si schiera dalla parte della criminalità organizzata ed usa gli strumenti a propria disposizione per inneggiare ad essa.

Hip-hop e rap: un immaginario incompreso

Concentrandoci in particolare sul mondo della musica rap ed hip-hop, l’immaginario criminale è sempre una fonte di ispirazione, ma sono sicuramente pochi i casi di una evidente affiliazione tra un determinato personaggio ed un gruppo criminale. Recente e famosa è la storia di Tekashi 6ix9ine, rapper newyorkese condannato per racket e tentato omicidio, liberato dopo 2 anni di carcere, dopo aver collaborato con le autorità. Il suo caso, che ha fatto il giro del mondo, è emblematico poiché proprio dai testi delle sue canzoni sono state tratte alcune informazioni sulle sue attività criminali.

Ciò che viene contestato agli artisti di questi generi è la forte influenza che possono avere sulle persone, in particolare i più giovani, spingendoli, più o meno consapevolmente, ad apprezzare un mondo macabro come quello del crimine. Parlare di armi, rapine o uccisioni, senza condannarle, può risultare assurdo ed incosciente per chi non è abituato ad ascoltare questi artisti, ma un ascoltatore medio capirà come si inserisca tutto all’interno di una narrazione fittizia, che, proprio come i film o le serie sopra citate, sono la cifra stilistica di un determinato autore. Se questo concetto è ormai abbastanza chiaro negli US, ma anche in Francia e Germania, in Italia fatichiamo a distinguere tra realtà ed espressività artistica, creando situazioni al limite dell’imbarazzo: la lite avvenuta in diretta TV nel 2016 tra Alessandra Mussolini, ex parlamentare, ed il rapper Bello Figo è una delle vette del trash italiano, ma ci dice molto su come anche testi palesemente ironici vengano fraintesi e strumentalizzati. Fare luce su queste zone d’ombra e far capire come interpretare questi messaggi è un compito che non spetta sicuramente allo Sfera Ebbasta di turno, ma, nel caso dei giovani, ai genitori e alla scuola.

Neomelodici e camorra: una violenza stonata

Tutt’altro discorso è invece quello che riguarda alcuni artisti neomelodici: sono sempre più evidenti casi in cui la musica è uno strumento usato per trasmettere determinati messaggi o esaltare alcune figure. Citando soltanto alcuni casi, non si può non condannare Anthony Ilardo, cantante napoletano, che reputa la camorra “una scelta di vita, come quella del giornalista o del cantante, che va rispettata”. Come altri musicisti, in una consuetudine ripresa anche in Gomorra – La serie (di cui la musica neomelodica napoletana è costante colonna sonora), Ilardo si esibisce per festeggiare scarcerazioni di boss o altri importanti eventi, matrimoni in primis, di figure simili. Oppure Tony Marciano, che in varie occasioni ha collaborato proprio con Anthony, il cui rapporto con la criminalità si concretizza non solo nella musica, ma in una vera e propria affiliazione al clan Gionta: alcuni suoi brani sembra siano stati scritti proprio dal boss Aldo Gionta, detto il poeta. È emblematico il testo della canzone “E’ cagnat tutt cos” in cui Marciano e Muscetti attaccano i pentiti e lamentano la “fine dell’omertà”. O ancora Niko Pandetta, nipote del boss Salvatore Pirella condannato all’ergastolo in regime di 41bis, che ammette di aver finanziato il suo primo album con una rapina.

La lista di casi e personaggi del genere è (purtroppo) interminabile. La rappresentazione visiva maggiore, che ha portato scandalo in tutta Italia e superato i confini nazionali con un reportage sul giornale El Paìs del luglio 2019, è il matrimonio tra Tina Rispoli, vedova di un boss scissionista di Secondigliano, ed il cantante Tony Colombo: due mondi uniti in un sodalizio totale, la cui unione è festeggiata in grande stile con carrozze, cavalli bianchi, fuochi d’artificio, in un tripudio di folla.

La musica, come altre forme artistiche, può essere uno strumento molto efficace per veicolare le emozioni e le percezioni delle persone circa figure ed eventi legati alla criminalità organizzata, e diventa ancora più pericolosa se gli stessi boss la utilizzano per descriversi potenti ed eroici. Senza condannare chi utilizza gli stessi generi musicali ma per altri fini (non tutta la musica neomelodica o rap incoraggia certe figure), è importante far capire come dietro una semplice canzone, spesso, si nascondono messaggi molto più pericolosi.

(Questo articolo è parte della colonna mensile “Sulle nostre gambe” della rivista universitaria Tra i Leoni in collaborazione con la nostra associazione.)