//Green mafia: le mani di Cosa Nostra sulle energie rinnovabili

Green mafia: le mani di Cosa Nostra sulle energie rinnovabili

di Roberta D’Amore

IL CASO SIRI

Lo scorso 18 aprile la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati Armando Siri, al tempo sottosegretario alle Infrastrutture e senatore della Lega. 

Siri è indagato per corruzione dalle procure di Palermo e Roma con l’accusa di aver fatto pressione per l’approvazione di una serie di emendamenti al Def 2018 con l’obiettivo di favorire l’elargizione di incentivi ai produttori di energie rinnovabili. L’ex sottosegretario alle Infrastrutture è accusato di aver preso 30mila euro da Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e responsabile del programma della Lega sull’ambiente, per far approvare la norma in questione. 

Lo stesso Arata è stato arrestato lo scorso giugno con l’accusa di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Nonostante Paolo Arata sostenga di non avere rapporti col Carroccio, i pm non hanno dubbi “Le investigazioni effettuate hanno svelato lo stretto collegamento tra Paolo Arata ed esponenti del partito della Lega, in particolare Armando Siri, stimolato da Arata a promuovere una modifica regolamentare degli incentivi connessi al mini-eolico“. 

IL RE DELL’EOLICO 

La Dia indaga da tempo sui presunti rapporti di Arata col “re dell’eolico” Vito Nicastri. Non sapendo di essere intercettato Arata affermò di essere socio di Nicastri definendolo “La persona più brava dell’eolico in Italia”.

Vito Nicastri è un ex-elettricista originario di Alcamo. In pochissimo tempo – sfruttando con maestria l’area grigia creata da Cosa Nostra – passa ad essere considerato il “re dell’eolico” siciliano. Riesce velocemente a far nascere aziende in un settore tanto delicato e in pochi anni accumula un patrimonio enorme.

Nel 2010 fece notizia la confisca da parte della Dia di beni a Nicastri per oltre 1,3 miliardi di euro – la più grande confisca mai effettuata nei confronti di un’unica persona. I beni in questione comprendevano 43 imprese – alcune con partecipazioni all’estero e la maggior parte operante nel settore delle rinnovabili – oltre 100 terreni, ville e fabbricati, auto di lusso e uno yacht. Furono inoltre congelati oltre 60 conti correnti di sua proprietà. Ai tempi – nel riportare la notizia della confisca – il Financial Times definì Nicastri “the lord of the winds”.

Per comprendere a pieno come si muovesse Nicastri in Sicilia bastano poche parole, intercettate durante le indagini del 2013: «Il bello di vivere qua? Senti il territorio, lo percepisci, avverti che bisogna muoversi in un certo modo, capire le esigenze del sindaco, dei consiglieri, la festa, cinquemila euro sono minchiate, però tu ti fai un rapporto, crei un rapporto». Non c’è dubbio che Nicastri conoscesse benissimo i rapporti in Regione e che avesse connessioni con politici ad ogni livello.

Nel 2018 Nicastri fu arrestato – e condannato agli arresti domiciliari – con l’accusa di far parte di una rete di società del settore delle energie rinnovabili legate ad ambienti mafiosi e di essere uno dei finanziatori del boss latitante Matteo Messina Denaro.

Nicastri al momento sta collaborando con i magistrati di Palermo. Ha parlato di mezzo milione di euro da dividere in mazzette da distribuire tra i funzionari della Regione per ottenere le autorizzazioni necessarie per i nuovi impianti eolici; progetto che si ipotizza gli avrebbe fruttato più di 15 milioni di euro grazie alla vendita dei permessi a grosse imprese del settore.

Grazie alle recenti dichiarazioni di Nicastri è stato arrestato – con l’accusa di corruzione – anche l’ex dirigente dell’Assessorato regionale all’Energia Alberto Tinnirello. 

Tinnirello avrebbe incassato una tangente per rivelare informazioni sulle autorizzazioni riguardanti gli impianti di bio-metano di Francofonte (SR) e Catalafimi Segesta (TP). Tutti impianti di proprietà della Solgesta srl, impresa di Arata e Nicastri.

Sono finiti in manette con l’accusa di corruzione anche Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato al Territorio e Ambiente della Regione Sicilia, e Angelo Mistretta, funzionario del Comune di Catalafimi.

UN SETTORE IN CRESCITA

Perché la mafia investe così tanto nelle energie rinnovabili?

Gli investimenti in green economy sono più che quadruplicati dal 2005 al 2017; in particolare, nel 2015, la maggior parte dei fondi sono stati investiti in eolico (38%) e solare (56%). Nel 2017 il dato globale per i nuovi investimenti è di 280 miliardi di euro (dati GSE).

Oggi sono oltre un milione gli impianti, tra elettrici e termici, presenti in Italia. Praticamente c’è un impianto fotovoltaico almeno in ogni città – grande o piccola che sia.

Dall’ultimo rapporto di Legambiente sulle energie rinnovabili risulta che nel 2018 erano presenti sul territorio italiano 4.618 impianti eolici. La Regioni più interessate sono quelle del Mezzogiorno (con oltre l’80% del parco impianti), favorite dalla disponibilità di aree e dalle loro caratteristiche ambientali. In particolare, la Regione con più impianti è la Puglia. 

Un calcolo effettuato dalla “Fondazione per lo sviluppo sostenibile” sostiene che entro il 2025, nel nostro Paese, il settore delle energie rinnovabili porterà circa 190 miliardi di investimenti, con 682 miliardi di aumento della produzione. 

È chiaro come le organizzazioni criminali non abbiano esitato ad investire in questi settori – anche se tecnologicamente molto avanzati – facendosi aiutare da esperti e ottenendo così i contributi dello Stato e dell’Unione Europea che, soprattutto nei primi anni 2000, erano particolarmente consistenti.

Ma i cospicui finanziamenti pubblici non sono l’unico motivo alla base dell’interesse di Cosa Nostra verso il settore. Il business delle rinnovabili va oltre l’appropriazione degli incentivi statali e europei: le opportunità si espandono su altri comparti: dal riciclaggio di denaro sporco alla compravendita dei terreni interessati, dal traffico dei “certificati verdi” allo smaltimento degli impianti. 

Spesso il coinvolgimento avviene tramite “società-veicolo”, all’apparenza legali e con le carte in regola, ma che in realtà si occupano di ottenere, attraverso pratiche poco trasparenti, i diritti d’uso dei terreni, le necessarie autorizzazioni e certificati nonché l’alterazione delle gare d’appalto. Tutto ciò per poi vendere i diritti alle aziende, anche internazionali, ottenendo ingenti profitti da questi scambi.

Emerge quindi una vera e propria “area grigia”, composta non solo da mafiosi, ma anche da professionisti, politici, burocrati, tecnici e imprenditori. Non si tratta di una semplice infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali nell’economia legale, ma di intense relazioni di scambio che portano vantaggi anche alle classi dirigenti colluse. Così il sistema di favori e tangenti rimane ancora più in ombra e la connivenza con il crimine è considerata come l’unico modo per stare sul mercato.

Guardando i numeri promettenti della green economy in Italia non ci stupiscono i recenti fatti di cronaca: anche in questo caso si rivela valida la linea guida lasciataci dal magistrato Giovanni Falcone “Segui il denaro e troverai Cosa Nostra”.