//Mafie e imprese: il ruolo dell’amministrazione giudiziaria

Mafie e imprese: il ruolo dell’amministrazione giudiziaria

Nel contesto della lotta contro la criminalità organizzata, l’amministrazione giudiziaria delle aziende rappresenta un importante istituto giuridico finalizzato alla protezione del tessuto economico nazionale. Il suo obiettivo primario è preservare il valore delle imprese coinvolte in attività criminali, assicurando al contempo la continuità delle loro attività operative.

In questa trattazione, esploreremo i meccanismi procedurali e le responsabilità dell’amministratore giudiziario, il quale assume un ruolo centrale nell’assicurare correttezza nella gestione e conservazione del patrimonio aziendale sottoposto a sequestro. Analizzeremo anche le limitazioni e le linee guida stabilite dal legislatore per garantire la trasparenza e l’imparzialità nell’assegnazione di questo delicato incarico, per poi passare ad una osservazione pratica cercando di sottolineare le criticità che l’istituto presenta. 

Contesto normativo e finalità dell’amministrazione giudiziaria

L’amministrazione giudiziaria delle aziende è uno strumento utilizzato dalla legislazione italiana per gestire le imprese sequestrate alla mafia o coinvolte in attività illecite. L’istituto è finalizzato a preservare il valore dell’azienda, garantire la continuità dell’attività economica e impedire che l’impresa venga utilizzata per fini illeciti. La disciplina dettagliata è fornita dal Codice antimafia1.

Per comprendere al meglio l’istituto è necessaria una breve analisi degli aspetti procedurali che consentono all’amministratore di insediarsi nel management dell’azienda sequestrata.

In primo luogo, si avviano le indagini con la finalità di verificare che le condizioni giuridiche per l’esecuzione del sequestro siano raggiunte. Questa prima fase accerta che il tenore di vita, le disponibilità finanziarie e il patrimonio dei soggetti indagati siano consone alla sua fonte di reddito.

Una volta esauriti i necessari accertamenti, il tribunale ordina il sequestro dei beni della persona che si ha motivo di ritenere siano frutto di attività illecita o, riferendosi ad attività imprenditoriali, quando questa sia sottoposta, anche indirettamente, ad associazione di stampo mafioso.

Non a caso, il suddetto requisito procedurale è perfettamente integrato nella definizione di associazione di tipo mafioso offerta dalla legislazione penale: «L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, […]»2.

Se a seguito di tali accertamenti o di quelli compiuti per verificare i pericoli di infiltrazione mafiosa, sussistono sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dal reato di associazione mafiosa o possa comunque agevolare l’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale, il tribunale competente, su proposta del procuratore o degli altri soggetti legittimati, dispone l’amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili per lo svolgimento delle predette attività economiche.

Nomina e responsabilità dell’amministratore giudiziario

Il tribunale con il provvedimento che dispone il sequestro, ove questo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione, nomina, all’interno dell’apposito albo nazionale,l’amministratore giudiziario, il quale esercita tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura.

Similmente, nel caso di imprese esercitate in forma societaria, l’amministratore giudiziario può esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali secondo le modalità stabilite dal tribunale, tenuto conto delle esigenze di prosecuzione dell’attività d’impresa, senza percepire ulteriori emolumenti.

Riguardo la nomina dell’amministratore che dovrà assumersi l’incarico della gestio societaria, vi sono dei limiti imposti dal Codice antimafia. In particolare, si rilevano limiti di parentela sia nei confronti dei soggetti a cui sono stati sequestrati i beni o le aziende, sia verso parenti e affini del magistrato che conferisce l’incarico, tuttavia, la lista non è esaustiva.3

Inoltre, è necessario precisare che entro tre mesi dalla sua nomina, l’amministratore dovrà presentare una relazione contenente la situazione economica attuale e le prospettive aziendali in una valutazione paragonabile ad una due diligence societaria.

Invero, dovere dell’amministratore giudiziario è quello di adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio. In particolare, egli dovrà provvedere alla gestione, alla custodia e alla conservazione dei beni sequestrati, al fine di incrementarne, se possibile, la redditività.

Da ultimo, l’amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda, nondimeno il giudice, tenuto conto di alcuni criteri indicati dalla legge4, potrà indicare il limite di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione.

Applicazione dell’amministrazione giudiziaria – Esempi

L’aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti è ormai una linea strategica di fondamentale importanza nel nostro ordinamento per contrastare diverse organizzazioni criminali, che da tempo hanno iniziato a investire all’estero proprio al fine di sfruttare legislazioni di contrasto meno efficaci e la mancanza di previsioni normative in materia di sequestri e confische patrimoniali.

È cresciuto sempre di più negli ultimi anni il valore dei beni confiscati e il numero delle aziende cd. mafiose o colluse, cioè imprese nate come frutto di proventi illeciti, anche se svolgenti attività lecita o i cui interessi erano leciti, ma poi si sono compenetrati con quelli di clan mafiosi.

Secondo i dati di uno studio di Transcrime5 del 2013, solo tra il 15-20% delle aziende colpite da misure di prevenzione è in grado di sopravvivere. In molti casi il fallimento deriva dalla natura stessa dell’impresa, guidata dal solo fine di riciclare profitti illeciti dell’organizzazione di riferimento e, pertanto, non sufficientemente strutturata per resistere sul mercato una volta riportata nell’alveo della legalità. Ciononostante, le aziende che operano all’interno di settori caratterizzati da una minore specializzazione tecnica sembrano avere maggiori possibilità̀ di successo.

Alcune rilevanti esemplificazioni sulla gestione di imprese in amministrazione giudiziaria aiuteranno a comprendere meglio quanto fin qui esposto.

Il caso di amministrazione giudiziaria preventiva da tempo considerato emblematico come esempio di successo nell’applicazione di questo istituto è quello di un’impresa (ex S.r.l., oggi cooperativa) di calcestruzzo che opera a San Vito Lo Capo, nel Trapanese.6

All’epoca dei fatti operava in uno dei settori tra quelli maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa e furono individuati numerosi indizi, valutati dal Tribunale come importanti elementi probatori tali da far ritenere che la società fosse concretamente permeata da infiltrazioni e condizionamenti da parte di Cosa nostra.

Effettivamente, all’inizio degli anni ’90 venne presa in gestione, attraverso prestanome, da un boss locale, all’epoca latitante. L’amministratore giudiziario così s’insediò per un periodo iniziale di otto mesi, con il fine di eliminare le contiguità ed i condizionamenti mafiosi.

Tuttavia, la sua azione non fu particolarmente efficace. Infatti, l’azienda, che prima dell’amministrazione giudiziaria era leader regionale nel settore, si trovò ad affrontare un drastico calo di clienti. Una volta disposta la confisca definitiva del polo industriale, fu nominato contestualmente un altro amministratore, il quale, unitamente ad un prezioso intervento di Legambiente, introdusse nell’azienda una nuova filiera produttiva tecnologicamente all’avanguardia, legata al riciclo dei rifiuti cementizi.

Nel 2009 i dipendenti costituirono la nuova società Libera e presero formalmente in gestione l’attività, facendo diventare questa realtà trapanese un esempio di innovazione, solidarietà e rispetto dell’ambiente.

Criticità nell’applicazione dell’istituto

L’istituto in questione può presentare criticità come quella relativa al costo della legalità, ossia quel complesso di oneri economici che l’azienda sequestrata deve sostenere per potersi inserire nel mercato legale.

Nello specifico, quando interviene il sequestro di prevenzione, dopo la gestione mafiosa, l’azienda viene presa in carico da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di competenza. In attesa della sentenza definitiva questa viene gestita da funzionari pubblici che rappresentano lo Stato. Tale contesto rende obbligato un percorso di riconversione alla legalità, che prescinde dall’esito dei processi: l’azienda deve inserirsi nel mercato legale indipendentemente dal fatto che il procedimento giudiziario possa o meno portare alla confisca e, quindi, alla definitiva alienazione del bene dal precedente proprietario.

In Italia vi sono dati discordanti circa il successo o il fallimento di aziende in mano ad amministratori giudiziari. Esempi incoraggianti sono spesso legati all’adozione di strategie di gestione innovative promosse dagli amministratori, ma anche dai Tribunali. Si pensi a casi in cui il successo è stato determinato dalle indiscusse capacità imprenditoriali di ufficiali pubblici che ne hanno guidato la gestione.

Invero, un altro aspetto da non sottovalutare è quello della scelta dell’amministratore giudiziario che deve essere individuato in una persona che abbia determinate caratteristiche e secondo alcune limitazioni precedentemente accennate. Talvolta, questa delicata decisione ha portato all’emersione di alcune problematiche.

Esemplificativa è la vicenda che ha coinvolto un magistrato palermitano, condannato in via definitiva per corruzione e concussione e radiato dalla magistratura, in quanto accusato di aver gestito illecitamente le procedure di designazione degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Detto magistrato finì al centro di un’indagine sulla cattiva gestione della sezione misure di prevenzione di cui era stato Presidente. I PM gli imputavano di aver favorito, nell’assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario dei patrimoni confiscati ai mafiosi, professionisti a lei graditi. Sotto questo profilo si era creato un vero e proprio sistema, teso all’arricchimento illecito, tramite una rete di favori. Le imprese sequestrate, di fatto, erano gestite dai vecchi proprietari, una sorta di amministrazione giudiziaria di facciata.7

Recentemente sono invece finite al centro della cronaca due aziende baresi, una municipalizzata e un’altra leader nel settore dell’automotive, che rimarranno in amministrazione giudiziaria per un anno a causa di infiltrazioni mafiose ed essendo state provate pressioni sulle due aziende per assumere uomini di fiducia dei clan.

Conclusioni

In conclusione, l’istituto dell’amministrazione giudiziaria risulta essere un efficace strumento di lotta alla mafia, che interviene per riportare alla legalità situazioni dove organizzazioni criminali sono permeate nel tessuto economico, oltre che sociale del Paese, prendendo di fatto in gestione imprese e utilizzandole per riciclare denaro, quindi incidendo pesantemente sull’economia legale e creando un grave danno al mercato.

Inoltre, molto spesso, la professionalità e la competenza degli amministratori giudiziari riesce a garantire un efficiente recupero dell’impresa, talvolta facendola eccellere nel suo settore e assorgendola a simbolo della legalità.

Filippo Dell’Antoglietta e Ennio Palmigiano