Tra virus ci s’intende: Mafia e Coronavirus. Le manovre della criminalità organizzata in vista della ripartenza. Tra settore agroalimentare e sanitario, passando per le attività core, come il traffico di stupefacenti.
di Vittorio Cugnin
Cari esseri umani, ricordate, innanzitutto, di essere fragili. Giacomo Leopardi, così, si rivolgerebbe al pubblico di lettori, in quarantena, per commentare gli effetti dell’inarrestabile propagazione del Coronavirus. La pandemia ha riportato, d’un tratto, gli uomini ad interagire con la propria fragilità. Riconoscere di esser fragili è una virtù, che gli esseri umani, di solito, trascurano, vestendo una corazza forgiata con superbia e raziocinio. Una corazza facilmente sfaldabile, oggi, sotto i colpi di scure di un virus, invisibile ed inatteso. Spesso, si confonde il concetto di fragilità con quello di debolezza, sbagliando. Gli uomini sono tutti ugualmente fragili, mentre alcuni risultano più o meno deboli di altri. La debolezza ostacola l’iter di ricongiungimento alla fragilità e, soprattutto, ripone nel dimenticatoio il valore aggiunto morale, figlio dell’arte d’esser fragili, la resilienza. Più si è deboli, più ci si allontana dalla condizione di resilienza e ci si avvicina ad un altro stato che può caratterizzare l’animo umano: la disperazione. La disperazione di chi vede sbriciolare la cinta muraria, che avvolge un’esistenza di sacrifici e privazioni, in seguito all’impatto, fragorosamente quieto, di un’emergenza sanitaria. La disperazione di chi è impossibilitato a produrre ricchezza, fermo in casa, in compagnia di quei familiari, per i quali prova un misto d’imbarazzo e timore, non essendo in grado di provvedere alla loro sussistenza. La disperazione degli affamati, che hanno tutto, ma non hanno il pane. E se non hai ciò che più desideri, è come se non avessi nulla, ed allora, come cantava Bob Dylan, se non hai nulla, non hai neanche nulla da perdere.
Quando il fuoco della disperazione divampa, lo Stato di diritto, applicando le misure necessarie ad arginare la situazione di crisi, deve mirare a eliminare, o quantomeno ridurre, il sentimento d’incertezza, che aleggia sulla collettività. Se il contributo statale, però, non permette al singolo di soddisfare le necessità, minime, di sostentamento, attuali e venture, allora il cittadino, vedendosi beffato della propria sovranità, insorgerà e si rivolgerà ad una entità diversa, che, disponendo di elevati capitali da liquidare, offrirà pronto aiuto: lo Stato mafioso. La mafia è vero Stato nello Stato, che mette a disposizione dell’uomo disperato tutto ciò che questi desidera: cibo, lavoro, denaro ed una fugace dignità. Uno Stato, salvatore d’ultima istanza, che ammalia i disperati e, nel frattempo, li stringe già nella sua morsa usuraia. Lo Stato mafioso riesce ad erigersi a paladino dei bisognosi, proprio in concomitanza di estese emergenze impreviste, perché sa bene che lo Stato di diritto, in tali occasioni, apparirà più debole e, dunque, meno energico nel contrastare l’infiltrazione criminale.
Tra virus ci s’intende: Mafia e Covid-19
La realtà racconta di una fase d’emergenza senza precedenti, umana, prima, ed economica, poi. La crisi sanitaria, che sta ponendo con le spalle al muro tutti i Paesi del mondo, rivela un’antitesi insanabile tra presente e futuro: concentrarsi sulla drammaticità dell’oggi e, intanto, immaginare la ricostruzione del domani. Allocare impegno e risorse tra il giorno, durante l’emergenza, e quello, che tutti ci auguriamo di vivere, dopo l’emergenza. Tra ciò che siamo e ciò che saremo. Se gli Stati navigano nei mari tempestosi del dubbio, gli unici a conoscere la rotta da seguire sembrano essere i mafiosi. Il piatto della bilancia criminale propenderà, sempre, sul domani. Come sottolinea Roberto Saviano, dalle colonne de La Repubblica, la malavita entrerà in azione a sopraggiunta stagnazione dell’emergenza, ovvero nella fase in cui il carosello, formato da politica, media ed opinione pubblica, migrerà verso altri lidi, lasciando la tavola riccamente imbandita. Il piatto succulento, da consumare, sarà condito da appalti in settori chiave del periodo post crisi: agroalimentare e smaltimento di rifiuti ospedalieri, in particolare.
Agromafia
Il comparto agroalimentare, emblema del Made in Italy, risulta già sottomesso, ampiamente, all’egemonia mafiosa. Il giornalista Paolo Borrometi, ad esempio, descrive, nel libro Un Morto Ogni Tanto, come i clan mafiosi della Sicilia Orientale detengano il controllo di parte della filiera del gustoso oro rosso siciliano, il pomodoro Pachino. L’avvento del Coronavirus rappresenta un’opportunità di integrazione verticale, a monte ed a valle, per gli uomini d’affari malavitosi. Le conseguenze economiche della pandemia si rifletteranno, soprattutto, su piccoli e medi imprenditori, che si troveranno a ripartire con bilanci d’esercizio fortemente in affanno. La brusca frenata della domanda, determinata da una riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, e l’indisponibilità di manodopera per i processi produttivi, impatterà su costi e passività di breve e medio termine. Imprese in crisi, a cui lo Stato dovrà somministrare liquidità o concedere dilazioni di pagamento per scongiurare fallimenti o accensioni di crediti presso banche mafiose. Le organizzazioni criminali, al termine dell’emergenza, saranno gli unici soggetti a disporre di risorse liquide (capitali generati da business illeciti) da offrire agli imprenditori in difficoltà. Prestiti assicurati dal pagamento di interessi usurai, che riporteranno, in breve, le imprese in situazioni di deficit. Stati di criticità, che saranno risolti mediante acquisizioni caldeggiate dagli istituti di credito malavitoso. In tal modo, la mafia cucirà una catena del valore economicamente impeccabile tale da garantire un controllo assoluto su produzione e distribuzione dei prodotti.
Aroma criminale: lo smaltimento dei rifiuti
Altra attività ad elevato rischio d’infiltrazione mafiosa è lo smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi. Le organizzazioni criminali hanno, da tempo, fiutato l’aroma di carta moneta proveniente dalla gestione di scarti industriali nocivi, come emerso dalle indagini sulla tristemente celebre Terra dei Fuochi. Sebbene smaltire rifiuti tossici sia una mansione che richieda elevata specializzazione, la pericolosità del rifiuto comporta, in alcuni casi, un crescente disinteresse sulle modalità di smaltimento, basti che lo scarto sia trasportato, al più presto, lontano dal sito produttivo. L’offerta di un servizio di pronta acquisizione ed eliminazione degli scarti, combinata a costi inferiori di prestazione, persuade gli imprenditori a rivolgersi a ditte, appartenenti tutte alla medesima holding: la Mafia Spa. Le imprese mafiose, acquisita la merce pericolosa, procederanno allo sversamento in zone remote, in Italia ed in Europa, senza badare ai danni ecologici ed umani di tale azione. La diffusione del Covid-19 impone l’utilizzo di una indefinita quantità di materiale medico, come mascherine, tute protettive, kit per tamponi. Materiale che, una volta impiegato, dovrà esser maneggiato con cura, essendo a rischio infettivo. Un’occasione unica per le mafie, le quali rastrelleranno quanti più appalti possibile, in modo da monopolizzare l’attività di smaltimento. Un pericolo da scongiurare assolutamente. Una miccia che, accesa oggi, condurrebbe alla detonazione di una futura bomba eco-sanitaria dalle conseguenze umane irreversibili.
Un lockdown stupefacente
Aprendo, invece, una parentesi sulle strategie di contrasto alle potenziali perdite su attività core di portafoglio, derivanti dall’applicazione della misura di lockdown, è possibile menzionare la gestione, imprenditorialmente impeccabile, del traffico di stupefacenti. Il Financial Times, dedicando un articolo al tema, riporta una frase emblematica, pronunciata da uno spacciatore intervistato a Berlino nei giorni scorsi: “le persone sono in panico, e non solo per la carta igienica”. Parafrasando: la domanda di stupefacenti è in aumento perché i consumatori abituali, temendo un blocco dell’approvvigionamento, fanno maggiori scorte in vista del periodo di quarantena. La criminalità organizzata, comunque, non si è fatta trovare impreparata. Al dettaglio, le vendite di stupefacenti sono aumentate quasi del 150% ed i prezzi sono decollati a valori quadrupli rispetto ai periodi di non emergenza, a discapito, però, della qualità. I clan, astutamente, stanno smerciando, a peso d’oro, prodotti di scarsa qualità, facendo leva su un basso potere negoziale dell’offerta, essendo i compratori obbligati ad acquistare, ora, per soddisfare i fabbisogni di lungo periodo imposti dal lockdown. Nel frattempo, la pioggia d’entrate sta finanziando l’acquisizione di quantità all’ingrosso, che, insieme alla merce d’alta qualità non venduta, sarà resa disponibile al termine della quarantena, con ulteriore balzo dei profitti. Un modus operandi che aggira le difficoltà derivanti dalla chiusura di parte della supply chain e che testa nuove forme di delivery (come lo spaccio tramite droni) e traccia nuove rotte commerciali (dall’Asia, la fornitura di medicinali può esser utilizzata anche per importare materie prime utili alla raffinazione di stupefacenti, chimicamente, più complessi).
In Italia, l’andamento del mercato ha rispecchiato le previsioni. L’impennata della domanda si è verificata nei giorni antecedenti all’attuazione della misura di lockdown, come evidenziato dall’incremento di arresti nelle piazze di spaccio. La criminalità organizzata ha riversato volumi copiosi di stupefacenti nelle città, implementando, inoltre, un efficace sistema di consegna a domicilio degli ordini, concordati, in precedenza, su WhatsApp o Telegram. Attualmente, i prezzi rientrano nei valori d’equilibrio, scontando la soddisfazione, pressocché completa, della domanda, come sottolineato dal procuratore Nicola Gratteri in una recente intervista. Si attende, dunque, la riapertura, per dare attuazione alla seconda fase della strategia, ed inondare, nuovamente, i territori di merce da smistare.
Risulta difficile, oggi, non dare priorità alla soluzione della grave crisi sanitaria in atto. La propagazione del Coronavirus infonde una paura giusta per ciò che accade intorno a noi. Un sentimento umanamente legittimo. Bisogna, però, rintracciare la piccola stella di speranza che continua a brillare nel cielo, annuvolato di tristezza, della nostra interiorità. Tentare di essere lungimiranti, al pari dei mafiosi, permetterebbe di estinguere la fiamma alimentata dal vento della disperazione ed affrontare, con più vigore, la lunga salita verso la rinascita.
Abbattersi sapendo di poter (e dover) rialzarsi: l’insegnamento più umile dell’arte d’esser fragili, da mettere in pratica il giorno dopo.