//Un’ultima opinione sulle scarcerazioni: quando la giustizia è offuscata dalla paura

Un’ultima opinione sulle scarcerazioni: quando la giustizia è offuscata dalla paura

di Riccardo Arbau, Alessandro Bigi, Alessandro Ghiretti

La vicenda

Il 21 aprile, in piena emergenza sanitaria, L’Espresso riporta la notizia della concessione della detenzione domiciliare ad uno dei boss più influenti di Palermo, il 78enne Francesco Bonura. «Ma la lista è lunga», scrive il settimanale, alludendo alla possibile scarcerazione di diversi capimafia[i]. Sembra l’inizio della fine. Il propagarsi del virus offrirebbe alle organizzazioni criminali la possibilità di veder tornare liberi un gran numeri di affiliati, anche di importante rilievo e condannati all’ergastolo. Il mondo della politica e dell’antimafia insorge contro le misure adottate dal governo temendo ulteriori scarcerazioni eccellenti. La situazione negli istituti penitenziari è critica, come testimoniato dalle rivolte consumatesi fra il 7 e il 9 marzo.

Ad infiammare ulteriormente gli animi, il testo, salito agli onori della cronaca, di una circolare del 21 marzo, con cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) invitava i direttori degli istituti penitenziari a identificare i detenuti over70 o affetti da documentate patologie. Queste indicazioni sono state interpretate da più parti come il preludio ad una di scarcerazione di massa e la loro divulgazione è costata pesanti critiche al Dipartimento, che ha successivamente precisato come si intendesse svolgere «un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni» e che «le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria»[ii].

Al netto delle dichiarazioni concitate che si sono susseguite negli ultimi giorni, sono necessarie alcune riflessioni a mente fredda.

Le carceri nel “Cura Italia”

Prendendo atto del rischio contagio amplificato dalle condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane, il governo, con il decreto “Cura Italia” (D.L. 18/2020), ha modificando parzialmente alcune disposizioni in materia di detenzione domiciliare previste dalla legge n. 199/2010[iii].
I detenuti che devono scontare una pena non superiore a 18 mesi possono ora farlo nelle proprie abitazioni, controllati a distanza, dal 17 marzo 2020 al 30 giugno 2020. La disposizione opera anche nei confronti dei condannati ad una pena complessiva superiore all’anno e mezzo, ma a cui resta da scontare una pena residua di massimo 18 mesi.

Rispetto alla legge del 2010, le novità del “Cura Italia” sono sostanzialmente due, entrambe pensate per velocizzare l’evasione delle istanze di detenzione domiciliare.
In primo luogo, il giudice dovrà concedere la misura salvo ravvisi gravi motivi ostativi. Secondariamente, la direzione dell’istituto penitenziario può omettere la relazione sulla condotta del detenuto, dovendo comunque attestare l’assenza di preclusioni all’accesso alla misura e l’idoneità del domicilio – l’obiettivo è quello di sgravare l’amministrazione penitenziaria da dispendiosi adempimenti. Sono comunque allargate le maglie per poter usufruire della detenzione domiciliare. Rimangono espressamente esclusi da questa ipotesi i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nonché i soggetti condannati per determinati gravi reati (cosiddetti “ostativi”), tra cui – per ciò che rileva ai fini di questo scritto – delitti di stampo mafioso e terroristico.

Il quadro normativo

La scarcerazione dei boss non è quindi dipesa dalle nuove norme del decreto “Cura Italia” – come ha anche chiarito in una nota il Tribunale di sorveglianza di Milano in merito al caso Bonura[iv] – ma è stata disposta sulla base delle regole ordinarie dettate dal codice penale e dall’ordinamento penitenziario, applicate anche tenendo conto dell’inidoneità di alcuni istituti penitenziari a rispondere all’emergenza Covid-19.

Veniamo allora a queste regole ordinarie[v].
Ai sensi dell’art. 147, co. 1, n. 2, c.p., il giudice di sorveglianza può disporre il differimento dell’esecuzione della pena detentiva (ovvero la sua sospensione, quindi la scarcerazione) qualora il suo destinatario si trovi «in condizioni di grave infermità fisica».
Il co. 4 precisa che il provvedimento non può essere adottato (o deve essere revocato) se sussiste il «concreto pericolo della commissione di delitti». Il differimento rimane quindi subordinato ad una prognosi sul rischio di recidiva. Valutazione che, immaginiamo, sarà condotta con estrema cautela quando il soggetto in questione è un boss mafioso.
L’art. 147 non contempla però alcuna imposizione di obblighi accessori. Dunque, il condannato nei cui confronti sia stato disposto il rinvio dell’esecuzione della pena rimarrebbe – almeno momentaneamente – libero.
Per conciliare allora la tutela del diritto alla salute (assicurando la permanenza in luogo adatto a ricevere cure) con le esigenze di controllo sul detenuto, si ricorre all’art. 47 ter della legge sull’ordinamento penitenziario, che disciplina la detenzione domiciliare[vi].
In particolare, secondo il dettato del co. 1-ter, quando potrebbe essere disposto il rinvio dell’esecuzione della pena, il giudice può applicare la detenzione domiciliare.
A questa misura possono essere aggiunte le prescrizioni contenute all’art. 284 c.p.p., tra cui il divieto di comunicare con l’esterno, che assume primaria importanza per i casi in esame, rispondendo alle stesse finalità del 41 bis ord. pen. (il “carcere duro”): evitare ogni possibilità di contatto con l’organizzazione criminale. Sul rispetto delle prescrizioni vigilano le forze dell’ordine.

A queste condizioni, con il divieto di comunicare con persone esterne e un consono livello di sorveglianza, la concessione dei domiciliari a detenuti dallo stato fisico compromesso, pur trattandosi di efferati criminali, non ci sembra affatto “vergognosa”, come è stata definita.

Il nuovo decreto

A seguito delle polemiche, allo schema normativo appena esposto sono state apportate frettolose modifiche con l’approvazione del Decreto-Legge 30 aprile 2020, n. 28, con l’inserimento del co. 1- quinques al citato art. 47 ter.
Qualora il detenuto sia sottoposto al regime di 41 bis, il giudice di sorveglianza, prima di provvedere al rinvio dell’esecuzione della pena con applicazione della detenzione domiciliare, è ora tenuto a richiedere il parere del procuratore distrettuale e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo «in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto»[vii].

Ben venga questo confronto, posto che il parere non è vincolante. Ma il significato simbolico della disposizione supera il suo effetto concreto: ponderare i profili di rischio relativi a pericolosità sociale e legami criminosi del carcerato è parte centrale della funzione del magistrato di sorveglianza, sicché è difficile immaginare il caso in cui abbia deciso per una scarcerazione senza aver acquisito pareri da organi competenti, anche in assenza di un espresso obbligo di legge. Per giunta, si è detto, una valutazione di pericolosità attuale del detenuto, quali che siano le sue condizioni di salute, preclude l’accesso alla detenzione domiciliare.

Forse, sarebbe stato più opportuno concentrarsi sul coordinamento tra magistrati e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, affinché possano essere efficientemente individuate collocazioni alternative per gli internati, in istituti adeguati alle necessità sanitarie.

Una riflessione condivisa

Con in mente queste dinamiche, si può realizzare come il clamore politico-mediatico sia del tutto ingiustificato. Valutare di pancia le situazioni complesse non porta alla soluzione del problema, produce solo ulteriore incertezza e instabilità in istituzioni che troppo spesso si fanno succubi delle voci più rumorose.

La normativa è chiara e pone coerentemente il giudice di sorveglianza nella posizione di mantenere bilanciati sicurezza collettiva e rispetto dei diritti fondamentali della persona. Per tutti i detenuti, secondo i principi della nostra Costituzione. Il corretto brocardo dura lex sed lex.
Anche quando la folla, aizzata dai soliti noti, chiede una giustizia vendicativa, lo Stato deve rimanere saldo nella legalità.

L’emergenza sanitaria non ha portato ad un allenamento delle misure sui boss e non ha condotto ad una denegata giustizia. Ciò che è avvenuto sino a questo punto è solo l’applicazione della legge, così come voluta dal Parlamento.
Si può sindacare la correttezza delle norme, ma occorre avere ben presente l’insieme dei principi e delle garanzie che sono posti a tutela dell’individuo e della tenuta dell’intero sistema giuridico.

Si potranno sindacare i provvedimenti dei giudici quando le motivazioni saranno depositate, non a priori. Nella maggior parte dei casi queste non sono ancora pubbliche, così come non vi sono ancora informazioni dettagliate circa le modalità con cui la detenzione domiciliare sarà scontata.

Sostenere che lo Stato si mostra debole quando scarcera un mafioso è la negazione dello Stato di Diritto. Significa rafforzare la mafia, che si nutre di paura. Significa abbandonare nel populismo ogni singolo cittadino che crede nella legge e nella democrazia.
Possiamo scarcerare i mafiosi perché siamo meglio di loro. Ci fregiamo del fatto che le nostre Istituzioni dimostrino un tale rispetto per la vita e la dignità di ogni uomo.

Anche questo è fare Antimafia.

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[i] L. ABBATE, Esclusivo: coronavirus, i mafiosi al 41 bis lasciano il carcere e tornano a casa. L’Espresso, 21 aprile 2020, disponibile su: espresso.repubblica.it.
[ii] SINDACATO AUTONOMO POLIZIA PENITENZIARIA, Dap smentisce scarcerazione mafiosi. Solo monitoraggio ultrasettantenni detenuti. www.poliziapenitenziaria.it.
[iii] Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, art. 123.
[iv] La nota del Tribunale di sorveglianza di Milano sulla scarcerazione di Bonura non è reperibile online, ma il suo contenuto è stato riportato da molteplici agenzie di stampa e quotidiani. Tra i tanti, G. PIPITONE, Coronavirus, ecco perché i giudici hanno scarcerato il colonnello di Provenzano dal 41 bis. Il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2020, disponibile su: www.ilfattoquotidiano.it.
[v] Per l’analisi tecnica di quanto sintetizzato in questo scritto a scopo divulgativo A. MARTUFI, Il differimento facoltativo della pena per grave infermità fisica: tra “orizzonte di scopo” della pena carceraria e dignità del detenuto, Cass. Pen., Sez. I, 26 aprile 2017 (ud. 29 marzo 2017), n. 19677, Presidente: Novik, Relatore: Boni, in Giur. Pen. Web, 2017, fasc. 7-8, pp. 1-11, disponibile su: www.giurisprudenzapenale.com.
[vi] Per una rassegna schematica degli istituti si veda I. DI VALVASONE, Misure semidetentive e detentive non carcerarie. Disciplina vigente e prospettive di riforma. ADIR – L’altro diritto, 2013, Cap. II, §3, disponibile su: www.adir.unifi.it. [vii] Si riporta il testo dell’art. 2, co. 1, lett. b) del D.L. 28/2020: «all’articolo 47-ter, dopo il comma 1-quater, è aggiunto il seguente: «1-quinquies. Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1-ter, o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, decorsi detti termini, il magistrato o il tribunale di sorveglianza procedono comunque anche in assenza dei pareri».